IL CONSIGLIO DI STATO in Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 9398 del 2013, proposto da: Megasolare Societa' Agricola S.r.l. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Sanino, Orazio Abbamonte, Cristiano Chiofalo, Carlo Gurioli, con domicilio eletto presso lo studio legale Sanino in Roma, viale Parioli n. 180; Contro: Gse - Gestore Servizi Energetici in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Marzano e Filippo Pacciani, con domicilio eletto presso lo studio legale Associato Legance in Roma, via XX Settembre n. 5; Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in persona dei rispettivi ministri in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Per la riforma della sentenza del T.A.R. Lazio - Roma: Sezione III TER n. 8250/2013, resa tra le parti, concernente decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2014 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti gli avvocati Salvatore per delega dell'avvocato Sanino, Chiofalo, Pacciani e l'avvocato dello Stato Grasso. La societa' Megasolare Agricola chiede la riforma della sentenza, in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale Amministrativo del Lazio ha respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento in data 20 settembre 2012 del Gestore dei servizi energetici (Gse, o Gestore), di decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti previste dal decreto ministeriale 5 maggio 2011, il provvedimento del 22 ottobre 2012, con cui il Gse ha dichiarato la decadenza per un periodo di dieci anni della societa' ricorrente e del suo legale rappresentante dagli incentivi previsti per le energie rinnovabili, e il suddetto decreto ministeriale nella parte in cui attribuisce al Gestore la competenza a verificare la fine dei lavori sotto il profilo strutturale. I) La societa' ricorrente, attiva nel settore della produzione di energia elettrica fotovoltaica, il 24 maggio 2011 ha presentato, con esito positivo, al Gse la richiesta di iscrizione al registro informatico previsto dall'art. 8 del citato decreto ministeriale al fine dell'ammissione agli incentivi previsti dal medesimo decreto, in relazione ad un impianto da realizzarsi nel territorio del Comune di Olevano Romano con la tipologia del montaggio su serre, sulla cui copertura i pannelli fotovoltaici erano previsti in sostituzione di una delle due falde. In data 28 aprile 2012 la ricorrente ha dato comunicazione al Gse della conclusione dei lavori: l'art. 6, comma 3, lettera b), del decreto citato prevede infatti che per gli anni 2011 e 2012 i soggetti iscritti nel registro hanno diritto all'ammissione al regime tariffario incentivante se la certificazione di fine lavori per degli impianti superiori a 1 MW, come quello di cui trattasi, fosse pervenuta al Gse entro il 29 aprile 2012. In data 9 maggio 2012, all'esito del controllo effettuato dal Gse, emergeva peraltro che "le strutture adibite a serra risultano prive delle chiusure fisse o stagionalmente rimuovibili sia lato superiore (copertura delle falde non interessate all'installazione dei moduli fotovoltaici) sia laterali"; le strutture superiori e laterali risultavano installate in esito al sopralluogo del 17 luglio 2012. Nel corso dei lavori, con istanza del 22 marzo 2012 la ricorrente aveva chiesto alla Provincia di Roma l'autorizzazione per sostituire le pannellature laterali e di copertura originariamente previste in materiale rigido con teli in materiale plastico (PVC): la Provincia ha risposto che tale sostituzione non costituiva variante essenziale, e ha invitato la ricorrente a trasmettere la documentazione al Comune, prescrizione alla quale l'interessata ha ottemperato il 10 aprile 2012, ottenendo il nulla osta comunale. In data 20 settembre 2012 il Gse, sulla scorta delle risultanze del sopralluogo del 9 maggio precedente e di quelle del successivo 17 luglio, ha dichiarato la decadenza della societa' ricorrente per il mancato completamento dei lavori alla data rilevante, mentre con il provvedimento del 22 ottobre ha disposto la sanzione interdittiva decennale in conseguenza della non veridicita' della dichiarazione di fine lavori. II) Entrambi tali provvedimenti sono stati impugnati davanti al Tribunale amministrativo del Lazio che, con la sentenza in esame, ha respinto il ricorso. In particolare, il Tar ha rilevato che il progetto originario, inviato al Gestore a supporto della domanda di ammissione ai benefici, aveva previsto la realizzazione delle pannellature laterali e di copertura in policarbonato, mentre il nulla osta rilasciato dal Comune di Olevano il 19 aprile 2012 per la sostituzione del policarbonato con chiusure in plastica in PVC non e' mai stato trasmesso al Gse. Di conseguenza, l'attestazione di "piena corrispondenza dell'impianto a quanto indicato nella documentazione tecnica allegata alla richiesta di iscrizione al registro", contenuta nella dichiarazione di fine lavori, necessariamente deve intendersi come riferita al progetto originario, del quale, alla data del 28 aprile 2012, era comunque evidente la mancata ultimazione anche con riferimento al progetto modificato. Legittima, pertanto, e' la decadenza comminata dal Gse e la successiva sanzione interdittiva decennale, tenuto conto della non veridicita' dell'attestazione di fine lavori del 28 aprile 2012, cosi' come legittimo e' l'accertamento del mancato completamento dell'impianto dal punto di vista strutturale, rientrante nella competenza del Gestore alla luce dei poteri attribuitigli dall'art. 42 del decreto legislativo n. 28 del 2011. III) Con separata sentenza il Collegio ha ritenuto infondato l'appello proposto dalla societa' Megasolare avverso tale sentenza per la parte relativa alla contestazione della mancata ultimazione dei lavori e del conseguente provvedimento in data 20 settembre 2012, di decadenza dagli incentivi di cui al decreto ministeriale 5 maggio 2011: percio' con separata sentenza per tale parte l'appello e' stato respinto. Per la parte relativa alla contestazione della legittimita' del provvedimento del 22 ottobre 2012, con cui il Gestore ha comminato alla ricorrente la sanzione decennale prevista dall'art. 23, comma 3, del decreto legislativo n. 28 del 2011 per il caso di presentazione di dati o documenti non veritieri o di dichiarazioni false, in relazione al contrasto rilevato tra la documentazione inviata il 28 aprile 2012 e le risultanze del sopralluogo di verifica (contestazione giudicata infondata dalla sentenza impugnata, sulla scorta della gia' rilevata non veridicita' della dichiarazione di fine lavori, alla quale la norma citata riconnette automaticamente la grave conseguenza sanzionatoria), il Collegio dubita della conformita' alla Costituzione dell'art. 23 citato, del quale il provvedimento in esame costituisce, come ha rilevato il Tar, legittima applicazione. IV) In via preliminare e' necessario ricostruire il quadro normativo rilevante. La legge 4 giugno 2010, n. 96 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee - legge comunitaria 2009) ha: I) con gli articoli 2 e 3 ha delegato il Governo ad introdurre una disciplina sanzionatoria di violazione di disposizioni comunitarie; II) con l'art. 17 stabilito principi e criteri direttivi per l'attuazione, tra l'altro, della direttiva 2009/28/CE. Il decreto legislativo n. 28 del 2011 ha attuato la predetta delega, definendo gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli obiettivi fino al 2020 in materia di quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia e di quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti. Il Titolo V del predetto decreto ha previsto, tra l'altro, agli articoli 23 e seguenti, i nuovi «Regimi di sostegno», per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In particolare, l'art. 24 ha disposto che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili entrate in esercizio dopo il 31 dicembre 2012 e' incentivata sulla base di nuovi criteri specificamente previsti. Il Titolo V, Capo II, dello stesso decreto ha previsto il sistema di «Controlli e sanzioni», stabilendo, all'art. 42, comma 1, che: l'erogazione di incentivi nel settore elettrico e termico, di competenza del GSE, e' subordinata alla verifica dei dati forniti dai soggetti responsabili che presentano istanza. La verifica, che puo' essere affidata anche agli enti controllati dal GSE, e' effettuata attraverso il controllo della documentazione trasmessa, nonche' con controlli a campione sugli impianti. I controlli sugli impianti, per i quali i soggetti preposti dal GSE rivestono la qualifica di pubblico ufficiale, sono svolti anche senza preavviso ed hanno ad oggetto la documentazione relativa all'impianto, la sua configurazione impiantistica e le modalita' di connessione alla rete elettrica. L'art. 42, comma 2, ha disposto che, restano ferrare le competenze in tema di controlli e verifiche spettanti alle amministrazioni statali, regionali, agli enti locali nonche' ai gestori di rete. L'art. 42, comma 3, ha previsto che, nel caso in cui le violazioni riscontrate nell'ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell'erogazione degli incentivi, il GSE dispone il rigetto dell'istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonche' il recupero delle somme gia' erogate, e trasmette all'Autorita' l'esito degli accertamenti effettuati per l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 2, comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481. Sul punto, deve aggiungersi che l'art. 23, comma 3, ha previsto, pur nell'ambito del diverso Titolo V, che non hanno diritto a percepire gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, da qualsiasi fonte normativa previsti, i soggetti per i quali le autorita' e gli enti competenti abbiano accertato che, in relazione alla richiesta di qualifica degli impianti o di erogazione degli incentivi, hanno fornito dati o documenti non veritieri, ovvero hanno reso dichiarazioni false o mendaci. La stessa norma ha aggiunto che, fermo restando il recupero delle somme indebitamente percepite, la condizione ostativa alla percezione degli incentivi ha durata di dieci anni dalla data dell'accertamento e si applica alla persona fisica o giuridica che ha presentato la richiesta, nonche' ai soggetti, specificamente indicati, che rivestono ruoli di responsabilita' nell'ambito della societa'. L'art. 7, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n, 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita') ha demandato al Ministro delle attivita' produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con la Conferenza unificata, di adottare decreti volti a definire, tra l'altro, i criteri per l'incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica dalla fonte solare. In particolare, devono essere stabilite le modalita' per la determinazione dell'entita' dell'incentivazione, costituita da una specifica tariffa, di importo decrescente e di durata tale da garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio. In attuazione di quanto disposto dalla riportata disposizione sono stati adottati i decreti ministeriali 28 luglio 2006, 19 febbraio 2007, 6 agosto 2010 e 5 maggio 2011 (che hanno introdotto, rispettivamente, i cosiddetti primo, secondo, terzo e quarto conto energia). In particolare, l'art. 8, del decreto ministeriale 5 maggio 2011, che rileva nella fattispecie in esame, prescrive che i soggetti responsabili di grandi impianti debbano richiedere al Gestore l'iscrizione all'apposito registro informatico, ai fini dell'ammissione, secondo l'ordine di graduatoria, agli incentivi previsti dal medesimo decreto, e che per l'anno 2011 le richieste di iscrizione debbano pervenire dal 20 maggio al 30 giugno 2011. L'art. 6, comma 3, lettera b), del medesimo decreto stabilisce che per gli anni 2011 e 2012 i soggetti iscritti nel registro, non titolari di attivita' gia' in atto, hanno diritto all'ammissione al regime incentivante se la certificazione di fine lavori degli impianti superiori a 1 MW, come quello di cui si discute, perviene al Gestore entro nove mesi (che scadevano il 29 aprile 2012) dalla data di pubblicazione della graduatoria di cui sopra. Il successivo art. 21, comma 2, dispone che l'accertamento, da parte del Gestore, della non veridicita' di dati e documenti o della falsita' di dichiarazioni, resi dai soggetti responsabili ai fini dell'ottenimento delle tariffe incentivanti di cui al presente decreto comporta, tra l'altro, ai sensi dell'art. 23, comma 3, del decreto legislativo n. 28 del 2011, la decadenza dal diritto alla tariffa incentivante...e l'esclusione dagli incentivi, per dieci anni dalla data dell'accertamento, per le persone fisiche e giuridiche che hanno presentato la richiesta di incentivo. V) Chiarito cio', ai fini della risoluzione della controversia in esame e' pregiudiziale sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23, del decreto legislativo n. 28 del 2011, applicato con il provvedimento impugnato in primo grado. Tale norma dispone, al terzo comma, che non hanno titolo a percepire gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, da qualsiasi fonte normativa previsti, i soggetti per i quali le autorita' e gli enti competenti abbiano accertato che, in relazione alla richiesta di qualifica degli impianti o di erogazione degli incentivi, hanno fornito dati o documenti non veritieri, ovvero hanno reso dichiarazioni false o mendaci. Ferro restando il recupero delle somme indebitamente percepite, la condizione ostativa alla percezione degli incentivi ha durata di dieci anni dalla data dell'accertamento e si applica alla persona fisica o giuridica che ha »esentato la richiesta, nonche' ai seguenti soggetti: a) il legale rappresentante che ha sottoscritto la richiesta; b) il soggetto responsabile dell'impianto; c) il direttore tecnico; d) i soci, se si tratta di societa' in nome collettivo; e) i soci accomandatari, se si tratta di societa' in accomandita semplice; f) gli amministratori con potere di rappresentanza, se si tratta di altro tipo di societa' o consorzio. Questo sistema prevede, quale unico presupposto per l'applicazione della suddetta misura, l'avere fornito ai soggetti competenti dati o documenti non veritieri, ovvero avere reso dichiarazioni false, e in base a questa norma il Gestore ha applicato le sanzioni di cui si discute, sulla scorta delle risultanze del sopralluogo, che hanno evidenziato la non veridicita' della dichiarazione di fine lavori presentata dalla societa' ricorrente. L'amministrazione ha quindi fatto una corretta applicazione alla fattispecie concreta di quanto stabilito dall'art. 23, inibendo, sostanzialmente, per un periodo decennale, l'attivita' ai soggetti che avevano presentato tale falsa comunicazione: ai fini della decisione dell'appello, per la parte relativa alla legittimita' delle sanzioni applicate, e' quindi rilevante la questione di costituzionalita' della norma applicata. VI) Il giudizio di non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale risulta dal ritenuto contrasto dell'art. 23, del decreto legislativo n. 28 del 2011 con gli articoli 3, 76 e 117, primo comma, della Costituzione. VI.1) In via preliminare, deve accertarsi se il rimedio in esame possa essere inquadrato nell'ambito della categoria dei provvedimenti sanzionatori, individuandone natura, tipologia ed effetti. Le sanzioni, irrogate dalla pubblica amministrazione nell'esercizio di funzioni amministrative, rappresentano la reazione dell'ordinamento alla violazione di un precetto. La dottrina, valorizzando il profilo funzionale, distingue le sanzioni in senso lato e le sanzioni in senso stretto: le prime hanno una finalita' ripristinatoria, in forma specifica o per equivalente, dell'interesse pubblico leso dal comportamento antigiuridico; le seconde hanno una finalita' afflittiva, essendo indirizzate a punire il responsabile dell'illecito allo scopo di assicurare obiettivi di prevenzione generale e speciale. Le principali tipologie di sanzioni in senso stretto sono pecuniarie, quando consistono nel pagamento di una somma di denaro, ovvero interdittive, quando impediscono l'esercizio di diritti o facolta' da parte del soggetto inadempiente. La disciplina generale delle sanzioni pecuniarie, modellata alla luce dei principi di matrice penalistica, e' contenuta nella legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale). La disciplina delle altre sanzioni e' contenuta nelle singole discipline di settore, cui si applicano, ove compatibili, i principi generali sanciti dalla predetta legge. Il decreto legislativo n. 28 del 2001 ha previsto uno specifico sistema sanzionatorio nel settore delle fonti di energia rinnovabili. L'art. 23 (come, in via transitoria, l'art. 43) dello stesso decreto contempla una sanzione afflittiva, non pecuniaria, di tipo interdittivo. La natura afflittiva e' conseguenza del fatto che l'effetto di ripristinazione dell'interesse pubblico leso e' assicurato dal divieto di concessione di incentivi in relazione a quello specifico impianto cui si riferisce la comunicazione di fine lavori, nonche' agli impianti che utilizzano in altri siti le componenti dell'impianto non ammesso all'incentivazione. L'estensione del divieto anche in relazione ad incentivi previsti da fonti regolatrici diverse per una durata di dieci anni non puo' che perseguire uno scopo di punizione del soggetto che ha violato il precetto (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 gennaio 2014, n. 148). L'appartenenza al tipo di sanzioni interdittive risulta chiaramente dalla descrizione normativa della fattispecie: il rimedio, infatti, vietando la concessione di benefici economici per un periodo di dieci anni, si risolve in un sostanziale impedimento allo svolgimento dell'attivita' di impresa. VI.2) L'art. 76 Cost. prevede che la delega al Governo della funzione legislativa non puo' avvenire se non con determinazione dei principi e criteri direttivi e soltanto per un tempo limitato e per oggetti definiti. La giurisprudenza costituzionale e' costante nel ritenere che il sindacato di legittimita' costituzionale sulla delega legislativa si esplichi attraverso un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli, Il primo riguarda le disposizioni che determinano l'oggetto, i principi e i criteri direttivi indicati dalla legge di delegazione, tenuto conto del contesto normativo in cui si collocano e si individuano le ragioni e le finalita' relative. Il secondo riguarda le disposizioni stabilite dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi e i criteri direttivi della delega (da ultimo, sentenza n. 50 del 2014). Nella fattispecie in esame la legge n. 96 del 2010 ha, agli articoli 2 e 3, delegato il Governo ad adottare disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per violazione di obblighi contenuti nella normativa europea da attuare. In particolare, l'art. 2, comma 1, lettera c), prevede, quali principi e criteri direttivi per le sanzioni amministrative, che esse: I) devono consistere nel pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro; II) nell'ambito di detti limiti devono essere determinate nella loro entita' tenendo conto della diversa potenzialita' lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualita' personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonche' del vantaggio patrimoniale che l'infrazione puo' recare al colpevole ovvero alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. L'art. 23, del decreto legislativo n. 23 del 2011, nella parte in cui ha introdotto una sanzione interdittiva e non pecuniaria senza, peraltro, graduarne l'applicazione nel rispetto delle modalita' predeterminate dalla suddetta legge, ha disciplinato un oggetto privo di copertura da parte della legge di delegazione e comunque in contrasto con i principi e criteri stabiliti dalla legge delega, con conseguente violazione dell'art. 76 Cost. V1.3) L'art. 3 della Cost., nell'applicazione che di esso ha fatto la giurisprudenza costituzionale, pone il vincolo del rispetto del principio di ragionevolezza nell'esercizio della discrezionalita' legislativa. Nello specifico settore delle sanzioni amministrative deve essere osservato, nella fase applicativa, il principio di proporzionalita', il quale impone che la misura sia idonea, necessaria e proporzionata in senso stretto rispetto allo scopo perseguito. Il rispetto di tale principio, nelle sue declinazioni, impone, in concreto, l'attribuzione all'autorita' amministrativa di un potere discrezionale in grado di individualizzare la sanzione modulandone l'entita' alla luce della tipologia e gravita' della violazione, nonche' della intensita' dell'elemento soggettivo (si veda Corte cost. n. 299 del 1992, con riferimento all'entita' delle sanzioni penali; si veda anche art. 11, della legge n. 689 del 1981, con riferimento all'esigenza di una commisurazione discrezionale della sanzione amministrativa pecuniaria), elemento, quest'ultimo, che assume particolare rilevanza laddove, come nella fattispecie in esame, ad essere colpito e' una pluralita' di soggetti. La proiezione di tale principio a livello costituzionale ne comporta la sua collocazione nell'ambito della regola della ragionevolezza. Non e', infatti, conforme a tale regola una misura sanzionatoria che, risolvendosi in una applicazione generalizzata non aderente alla specificita' delle singole condotte, determina una ingiustificata discriminazione tra operatori economici. L'art. 23, del decreto legislativo n. 28 del 2011, contemplando un sistema sanzionatorio rigido applicabile indistintamente a tutte le fattispecie senza che l'autorita' amministrativa competente possa modulare l'irrogazione della sanzione a seconda della valenza degli elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie stessa, si pone, pertanto, in contrasto con l'indicato parametro costituzionale. V1.4) L'art. 117, primo comma, Cost., stabilisce che la potesta' legislativa deve essere esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. La Corte di giustizia dell'Unione europea ritiene che le autorita' preposte all'irrogazione delle sanzioni, in materie di rilevanza europea, quale quella in esame, debbano rispettare il principio di proporzionalita' (si veda Corte di giustizia UE, sez. I, 9 febbraio 2012, n. 210, in causa C-210/10; cfr. anche Corte cost. n. 313 del 1990). L'art. 23, del decreto legislativo n. 23 del 2011, non assicurando il rispetto del principio di proporzionalita', si pone, pertanto, in contrasto anche con il parametro costituzionale sopra indicato. VII) La valutazione di rilevanza e di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 23, del decreto legislativo n. 23 del 2011 impone la sospensione del presente giudizio in attesa della definizione del giudizio di costituzionalita'.